Le Parole e le Immagini non conoscono confini

In un’epoca di globalizzazione le parole e le immagini sui social media non conoscono confini. In tempo reale ciò che si scrive e ciò che si pubblica arriva in tutte le parti del mondo. Sappiamo bene però che tutto ciò che  si pubblica e si dice non sempre è corretto.

Le parole sono armi e possono far male e come se fanno male. Lo ha ripetuto più volte in poco tempo il Papa e ogni tanto ci ritorna (anche domenica scorsa in piazza S. Pietro, cioè davanti al mondo). Può sembrare banale, ma in realtà è alla base di un abuso delle parole che non sempre fanno bene. Qualche settimana fa, ricordando la correttezza di una donna della diocesi di Buenos Aires che non aveva mai sparlato, ha affermato che le divisioni, spesso conseguenza di parole in libertà, sono il peccato più grave nella Chiesa perché non sono il segno dell’opera di Dio ma del diavolo che vuol proprio dire “divisore”.

Papa Francesco chiama il parlare a vanvera “peccati parrocchiali” , cioè quei peccati che si consumano “nelle parrocchie che chiamate a essere luoghi di condivisione e di comunione, sono tristemente segnate da invidie, gelosie, antipatie. Quanto si chiacchiera nelle parrocchie! Questo è umano, ma non è cristiano” “questo succede quando puntiamo ai primi posti; quando mettiamo al centro noi stessi, con le nostre ambizioni personali e i nostri modi di vedere le cose e giudichiamo gli altri; quando guardiamo ai difetti dei fratelli invece che le loro doti”.  Sono le parole del Papa.

Banale? Niente affatto! A guardar bene questo vezzo di sparlare investe tutta la società.

Quante cose non vere si dicono, si scrivono, si pubblicano. Quanto male possono fare. Non è solo una norma di buon comportamento per i cristiani di una parrocchia, ma credo valga per tutti indistintamente. dS

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