CORAGGIO! SONO IO

 

Carissimi,

parlando del Padre Nostro non farò una riflessione sulle singole parole, ma condividerò alcuni semplici pensieri.

Mi colpisce, innanzitutto il testo liturgico che introduce il Padre Nostro perché a un certo punto ci fa pronunciare queste parole: osiamo dire. Il verbo osare nel dizionario online del Corriere della Sera viene così spiegato: avere il coraggio di fare qualcosa di audace, di rischioso. È davvero audace pensare che un uomo, una creatura, possa rivolgersi all’Onnipotente con il termine Padre. Ma, mentre leggo la parola osare, in me sparisce ogni timore perché so che è proprio Dio a darmi il coraggio di dialogare con lui;  Gesù ci ha permesso di alzare lo sguardo verso Dio e sentire la sua voce che ci dice: «Coraggio! Sono io, Tuo Padre. Non avere paura di confidarti, di parlare con me».

Come dice il dizionario, osare significa anche rischiare. Chiamare Dio “Padre” e dire la preghiera che Gesù ci ha insegnato significa essere disposti a vivere da figli, significa fidarsi, credere che solo in Lui troviamo la nostra felicità e tutto quello di cui abbiamo bisogno.

Significa anche avere il coraggio di lasciare la nostra strana idea di poter fare tutto da soli, senza bisogno di nessuno. Per questo mi piace dare la mano ai chierichetti. Forse è un gesto liturgicamente poco appropriato, ma ogni volta che lo faccio e vedo le persone farlo, sento non solo che siamo tutti fratelli perché figli di un unico Padre, ma sento anche che quelle mani che si stringono mi danno una grande forza: il cammino di fede non è sempre facile, non sempre si trova il coraggio da soli di essere veri discepoli di Gesù. Abbiamo bisogno di darci la mano, camminare insieme, pregare insieme e insieme dire nella comunità e con tutta la Chiesa: Padre Nostro. 


Don Marco

 

 

 

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